9 maggio 2022
Non si tratta di insegnare, ma di condividere una strada per catturare quella possibilità che vive tra la realtà e l’immaginazione di sé. Questa è l’alchimia che cerco con i giovani che si avvicinano al mestiere del raccontare. Le storie sono lo spazio nel quale ci esercitiamo, sperimentando surrogati della nostra realtà: moriamo senza morire davvero, ci vendichiamo dai torti subiti senza ammazzare nessuno. È come quando i piloti degli aerei imparano a volare con un simulatore di volo. Ci addestriamo senza correre pericoli. In questa partita contro il caos, la scuola Jack London e il borgo nel quale studenti e insegnanti vivono insieme, rappresentano il terreno di gioco ideale. Qui geografia e tempo si piegano ai bisogni dei ragazzi e gli danno il coraggio di guardarsi allo specchio, di tirare fuori quello che davvero hanno da dire. Qui capita che di notte uno studente zuppo di pioggia, bussi alla porta dell’insegnante solo per confidargli una paura. Vuole trovare il modo per affrontarla e imparare a raccontarla forse lo aiuterà anche a risolverla. Raccontare significa guardarsi e riconoscersi nelle parole, come nelle immagini, che ritraggono l’altro. Potremmo chiamarla empatia o semplicemente magia delle storie. Ecco forse il segreto della Scuola Jack London: vivere in quella silenziosa essenza che libera la magia di ciascuno di noi.
C’è un borgo, tra le colline e il mare, in cui un gruppo di ragazzi si ritira dal mondo. È una sorta di ritiro spirituale, in cui però non si cerca la vocazione mistica, ma il proprio daimon, la propria strada. È un luogo abitato da storie e immagini, da narratori e fotografi. Nei miei giorni a Torre di Palme ho conosciuto ragazze e ragazzi con il fuoco dentro. Tutti Molto diversi tra loro, con vite ed esperienze alle spalle completamenti differenti, chi proveniva da piccole province rurali, chi da grandi città industriali, chi dal Nord, chi dal Sud, alcuni che ancora non sapevano che direzione dare alla propria vita, altri che avevano le idee chiare sulla propria meta, ma non sapevano come imboccare la via. Io sono stato uno dei loro sherpa, li ho condotti con me per un tratto di cammino e al termine di quella manciata di giorni, mi pareva di aver condiviso con loro un tratto di vita. Mentre venivo via, e dall’auto osservavo quella distesa di colline da cui spuntavano ulivi, e vedevo il blu del mare spuntare all’orizzonte, ho provato un po’ di invidia per loro. Mi sarebbe piaciuto da ragazzo poter fare un’esperienza del genere, fuori dal rumore del mondo, totalmente immerso in una esperienza così variegata e totalizzante, di cui non si dimenticheranno.
Siete riusciti nell’impresa, di nuovo. Gli studenti sono un bel gruppo: danno speranza e voglia di fare ancora meglio. Il programma di quest’anno, rinforzato e ancora più ambizioso, rende il mio compito più difficile: di misurarmi con colleghi incredibilmente bravi. Ne condivido la visione di quello che facciamo e del come lo si debba fare. Insomma, bravi: sono felice di poter dare il mio piccolo contributo a questo progetto davvero bello. La Scuola è stata capace nel breve spazio di due anni di costruirsi un’identità, uno spazio nel panorama delle offerte educative italiane. È a questo progetto che mi piace appartenere: un percorso capace di lasciare il segno, di formare lasciando un imprinting importante.
Ogni volta che m’invitano a insegnare in un corso mi prende un attacco di panico. Penso di non avere nulla da insegnare, nessuna esperienza da divulgare e neppure verità da affermare. Temo di seminare i dubbi che mi inquietano e le incertezze che occupano questo nostro tempo. Poi però accetto, non sempre ma spesso Spinta dall’incessante curiosità dell’incontro, mi lascio convincere da amici che hanno spirito d’impresa e più ottimismo di me. L’esperienza alla Scuola Jack London è stata la sintesi perfetta di tutto ciò. Ci ho messo un anno per accettare l’invito. Complice la pandemia, terrorizzata dal contagio e dal contagiare, ho atteso che passasse l’onda feroce di Delta per concedermi al tempo di Omicron. A Torre di Palme, sede della scuola, si è ripetuta la magia che accompagna i migliori workshop. Parto con la paura di non avere molto da dare e concludo l’esperienza esausta per tutto ciò che ho tirato fuori e non sapevo di avere. La magia più interessante però è quella che avviene durante le lezioni. Qui, in questo borgo svuotato dall’inverno, abbiamo riempito le giornate di parole e immagini. Mi sono nutrita della curiosità degli studenti, delle speranze e dell’ingenuità di vite che sono appena ai nastri di partenza, ho divorato l’entusiasmo e bevuto i loro sogni. Così ebbra, credo di aver dato ciò che potevo per aiutarli a modellare le loro aspirazioni. E scavando nelle loro debolezze e potenzialità, mi auguro di aver stabilito la comunicazione efficace che aiuta a vedere l’orizzonte più ampio e più chiaro.
La Scuola Jack London è un luogo speciale. Quindici, venti ragazze e ragazzi (ma anche donne e uomini) la frequentano con la curiosità di chi vuol capire meglio se stessa/o e il mondo della fotografia, in relazione ai vari saperi che hanno a che fare, più o meno direttamente, con quest’arte. Durante il mio Seminario sulla poesia ho percepito una grande attenzione, la voglia di esserci, di conoscere, di crescere, di condividere. È un luogo da cui anche chi vi si reca per insegnare esce con qualcosa in più.
C’è un’immagine che mi è venuta in mente parlando con gli studenti della Scuola Jack London di Torre di Palme: quella del movimento, che segna nell’aria tracce invisibili, rappresentato dalla danza. Una danza che rappresenta ciò che sfugge al tempo e allo spazio: come le figure disegnate da Nijinsky, il dio della danza. Il più osannato e celebrato ballerino di tutti i tempi, un mito il cui culto continua sino a oggi. E ci ha donato il mistero di quelle lunghe, interminabili sospensioni che erano i suoi involo: il momento in cui, sospeso da terra, fermava tempo e moto, e ritraeva la grazia. Danzava Shéhérazade, la suite ispirata alla protagonista de "Le mille e una notte". E come lei anche gli sguardi, le curiosità, le posture degli studenti della Jack London mi sono sembrati alla ricerca di una vertigine: quella di chi cerca un’immagine, una storia da raccontare. Con la stessa attitudine di Shéhérazade ai piedi del letto del mondo: ogni storia che raccontava era una notte strappata alla fine.
Carissima Scuola Jack London, prima di tutto complimenti per il nome che avete scelto. La letteratura è un panorama complesso, non un’unica montagna. A me è capitato di parlare di un autore che amo molto, Vasilij Grossman, e del suo Vita e destino. Cinque ore abbastanza dure per i partecipanti, che hanno fatto la conoscenza anche di altri autori russi coevi, inevitabilmente. È stata una bella esperienza, non facile ma spero utile per tutti. A me fa sempre bene parlare di autori come Grossman. I ragazzi e la ragazze (mi si permetta di chiamarli così vista la mia venerabile età) sono stati molto partecipi, abbiamo lavorato insieme, anche se ovviamente abbiamo soltanto potuto assaggiare un libro di quasi mille pagine, fittissime e non facili. Ringrazio tutti, per l’attenzione che mi è stata dedicata. Ricorderò volentieri questa giornata, il paesaggio meraviglioso che avvolge la scuola, il paesino stupendo e ben tenuto. Non ci sono consigli utili per chi vuole scrivere, servono soltanto talento e umiltà. Stevenson da ragazzo copiava i romanzi di Walter Scott per avvicinarsi alla scrittura. Fino all’ultima pagina. Anche se in fondo, già allora, Scott era meno bravo di lui.
Ieri ed oggi sono stato con i ragazzi iscritti alla Scuola Jack London. La scuola ha sede a Torre di Palme, frazione di Fermo. Ho l’onore di essere uno dei “docenti” fissi.
Direi che è una scuola dove l’elemento umano vale più di quello tecnico. Forse ce ne vorrebbero di più di scuole di questo tipo. Stamattina oltre agli allievi c’era anche il poeta Adelelmo Ruggieri, amico mio e di Angelo Ferracuti. Angelo ha fondato questa scuola assieme al fotografo Giovanni Marrozzini, è una bella coppia e presto daranno alle stampe un libro sull’Amazzonia.
Ho salutato i ragazzi della scuola con questa frase : datevi alla gioia!
Non ti affannare a seminare
noie e affanni nelle tue giornate
e in quelle degli altri,
non chiedere altro che una gioia solenne.
Non aspettarti niente da nessuno.
E se vuoi aspettarti qualcosa,
aspettati l’immenso, l’inaudito.
Poesia tratta da Cedi la strada agli alberi
Raramente si trovano degli studenti così motivati e acuti. Volevo aiutarli a trasformare un sogno in un progetto professionale. Alla fine però è stato il loro entusiasmo a ricordarmi che se si vuole qualcosa bisogna buttarsi e perseverare.
I due giorni di seminario alla Jack London sono stati per me un tempo lungo, pieno, bello. Un tempo per fare scuola, ma anche per conoscersi, ascoltarsi, persino festeggiare: accolti da Angelo, Giovanni e Alessandra, nei loro luoghi che si aprono alla scoperta dell’altrove e dell’altro. Un tempo ritrovato che mettendo al centro le relazioni arricchisce anche chi arriva in veste di docente.
Le lezioni che ho tenuto a ottobre 2020 presso la Scuola Jack London sono state un’esperienza estremamente interessante e stimolante: con gli allievi si è instaurato sin da subito un clima cordiale e interattivo, e si è costruita gradualmente una bella discussione, ricca di interventi e di idee. Questa relazione è stata sicuramente favorita anche dal particolare contesto di Torre di Palme, un ambiente perfetto per favorire la concentrazione e la creatività.
Questa scuola mi piace perché mi corrisponde, o meglio corrisponde alla passione intima che sento verso la fotografia e il suo ruolo nel mondo. Avere l’opportunità di condividere la mia esperienza professionale con dei giovani immersi nella realtà utopica della Jack London è stato molto stimolante. E confortante aggiungo. Abbiamo parlato molto di fotografia e sostenibilità, di un’utopia realizzabile solo se siamo disposti a metterci in gioco. E anche la Jack London chiede questo ai suoi studenti, ma anche a noi insegnanti. Può essere faticoso, ma quando scegliamo questo percorso nella vita, utopico sottolineo di nuovo, ci si incontra prima o poi... Il luogo, la dinamica da cenacolo, da bottega rinascimentale, da setta pacifica e un po’ anarchica favorisce un dialogo intenso, che aiuta la ricerca attraverso un’esperienza volutamente immersiva. Qui si pratica "un mondo sostenibile”, attraverso la costruzione di una consapevolezza non convenzionale nel vivere lo scambio intellettuale e artistico guardando un mondo che certo non può essere cambiato con la fotografia, ma che possiamo, attraverso la fotografia, incoraggiare a voler comprendere e affrontare. Auguro ai nostri studenti di uscire da questo corso conoscendosi un po’ di più e pronti a scegliere, a sperimentarsi praticando gli stimoli che da qui hanno incontrato per rivolgersi al mondo e poi offrircelo attraverso il loro sguardo fotografico, quale esso sia.
Del seminario tenuto alla Scuola Jack London serbo un ottimo ricordo. Mediamente buono il livello della loro preparazione, gli studenti hanno manifestato interesse nonché una piena e attiva partecipazione al lavoro in classe proponendo costantemente non solo stimoli e rilievi critici ma anche mature e autonome riflessioni sugli argomenti e i testi proposti.
Due giorni presso la scuola Jack London è stata un'esperienza densa e bellissima. Torre di Palme è un luogo incantevole, i ragazzi motivati e attentissimi, hanno seguito con cura il progetto che ho assegnato. Tutto ha funzionato alla perfezione e sono ripartita con la sensazione di aver appreso qualcosa di nuovo e prezioso.
9 maggio 2022
Non si tratta di insegnare, ma di condividere una strada per catturare quella possibilità che vive tra la realtà e l’immaginazione di sé. Questa è l’alchimia che cerco con i giovani che si avvicinano al mestiere del raccontare. Le storie sono lo spazio nel quale ci esercitiamo, sperimentando surrogati della nostra realtà: moriamo senza morire davvero, ci vendichiamo dai torti subiti senza ammazzare nessuno. È come quando i piloti degli aerei imparano a volare con un simulatore di volo. Ci addestriamo senza correre pericoli. In questa partita contro il caos, la scuola Jack London e il borgo nel quale studenti e insegnanti vivono insieme, rappresentano il terreno di gioco ideale. Qui geografia e tempo si piegano ai bisogni dei ragazzi e gli danno il coraggio di guardarsi allo specchio, di tirare fuori quello che davvero hanno da dire. Qui capita che di notte uno studente zuppo di pioggia, bussi alla porta dell’insegnante solo per confidargli una paura. Vuole trovare il modo per affrontarla e imparare a raccontarla forse lo aiuterà anche a risolverla. Raccontare significa guardarsi e riconoscersi nelle parole, come nelle immagini, che ritraggono l’altro. Potremmo chiamarla empatia o semplicemente magia delle storie. Ecco forse il segreto della Scuola Jack London: vivere in quella silenziosa essenza che libera la magia di ciascuno di noi.
C’è un borgo, tra le colline e il mare, in cui un gruppo di ragazzi si ritira dal mondo. È una sorta di ritiro spirituale, in cui però non si cerca la vocazione mistica, ma il proprio daimon, la propria strada. È un luogo abitato da storie e immagini, da narratori e fotografi. Nei miei giorni a Torre di Palme ho conosciuto ragazze e ragazzi con il fuoco dentro. Tutti Molto diversi tra loro, con vite ed esperienze alle spalle completamenti differenti, chi proveniva da piccole province rurali, chi da grandi città industriali, chi dal Nord, chi dal Sud, alcuni che ancora non sapevano che direzione dare alla propria vita, altri che avevano le idee chiare sulla propria meta, ma non sapevano come imboccare la via. Io sono stato uno dei loro sherpa, li ho condotti con me per un tratto di cammino e al termine di quella manciata di giorni, mi pareva di aver condiviso con loro un tratto di vita. Mentre venivo via, e dall’auto osservavo quella distesa di colline da cui spuntavano ulivi, e vedevo il blu del mare spuntare all’orizzonte, ho provato un po’ di invidia per loro. Mi sarebbe piaciuto da ragazzo poter fare un’esperienza del genere, fuori dal rumore del mondo, totalmente immerso in una esperienza così variegata e totalizzante, di cui non si dimenticheranno.
Siete riusciti nell’impresa, di nuovo. Gli studenti sono un bel gruppo: danno speranza e voglia di fare ancora meglio. Il programma di quest’anno, rinforzato e ancora più ambizioso, rende il mio compito più difficile: di misurarmi con colleghi incredibilmente bravi. Ne condivido la visione di quello che facciamo e del come lo si debba fare. Insomma, bravi: sono felice di poter dare il mio piccolo contributo a questo progetto davvero bello. La Scuola è stata capace nel breve spazio di due anni di costruirsi un’identità, uno spazio nel panorama delle offerte educative italiane. È a questo progetto che mi piace appartenere: un percorso capace di lasciare il segno, di formare lasciando un imprinting importante.
Ogni volta che m’invitano a insegnare in un corso mi prende un attacco di panico. Penso di non avere nulla da insegnare, nessuna esperienza da divulgare e neppure verità da affermare. Temo di seminare i dubbi che mi inquietano e le incertezze che occupano questo nostro tempo. Poi però accetto, non sempre ma spesso Spinta dall’incessante curiosità dell’incontro, mi lascio convincere da amici che hanno spirito d’impresa e più ottimismo di me. L’esperienza alla Scuola Jack London è stata la sintesi perfetta di tutto ciò. Ci ho messo un anno per accettare l’invito. Complice la pandemia, terrorizzata dal contagio e dal contagiare, ho atteso che passasse l’onda feroce di Delta per concedermi al tempo di Omicron. A Torre di Palme, sede della scuola, si è ripetuta la magia che accompagna i migliori workshop. Parto con la paura di non avere molto da dare e concludo l’esperienza esausta per tutto ciò che ho tirato fuori e non sapevo di avere. La magia più interessante però è quella che avviene durante le lezioni. Qui, in questo borgo svuotato dall’inverno, abbiamo riempito le giornate di parole e immagini. Mi sono nutrita della curiosità degli studenti, delle speranze e dell’ingenuità di vite che sono appena ai nastri di partenza, ho divorato l’entusiasmo e bevuto i loro sogni. Così ebbra, credo di aver dato ciò che potevo per aiutarli a modellare le loro aspirazioni. E scavando nelle loro debolezze e potenzialità, mi auguro di aver stabilito la comunicazione efficace che aiuta a vedere l’orizzonte più ampio e più chiaro.
La Scuola Jack London è un luogo speciale. Quindici, venti ragazze e ragazzi (ma anche donne e uomini) la frequentano con la curiosità di chi vuol capire meglio se stessa/o e il mondo della fotografia, in relazione ai vari saperi che hanno a che fare, più o meno direttamente, con quest’arte. Durante il mio Seminario sulla poesia ho percepito una grande attenzione, la voglia di esserci, di conoscere, di crescere, di condividere. È un luogo da cui anche chi vi si reca per insegnare esce con qualcosa in più.
C’è un’immagine che mi è venuta in mente parlando con gli studenti della Scuola Jack London di Torre di Palme: quella del movimento, che segna nell’aria tracce invisibili, rappresentato dalla danza. Una danza che rappresenta ciò che sfugge al tempo e allo spazio: come le figure disegnate da Nijinsky, il dio della danza. Il più osannato e celebrato ballerino di tutti i tempi, un mito il cui culto continua sino a oggi. E ci ha donato il mistero di quelle lunghe, interminabili sospensioni che erano i suoi involo: il momento in cui, sospeso da terra, fermava tempo e moto, e ritraeva la grazia. Danzava Shéhérazade, la suite ispirata alla protagonista de "Le mille e una notte". E come lei anche gli sguardi, le curiosità, le posture degli studenti della Jack London mi sono sembrati alla ricerca di una vertigine: quella di chi cerca un’immagine, una storia da raccontare. Con la stessa attitudine di Shéhérazade ai piedi del letto del mondo: ogni storia che raccontava era una notte strappata alla fine.
Carissima Scuola Jack London, prima di tutto complimenti per il nome che avete scelto. La letteratura è un panorama complesso, non un’unica montagna. A me è capitato di parlare di un autore che amo molto, Vasilij Grossman, e del suo Vita e destino. Cinque ore abbastanza dure per i partecipanti, che hanno fatto la conoscenza anche di altri autori russi coevi, inevitabilmente. È stata una bella esperienza, non facile ma spero utile per tutti. A me fa sempre bene parlare di autori come Grossman. I ragazzi e la ragazze (mi si permetta di chiamarli così vista la mia venerabile età) sono stati molto partecipi, abbiamo lavorato insieme, anche se ovviamente abbiamo soltanto potuto assaggiare un libro di quasi mille pagine, fittissime e non facili. Ringrazio tutti, per l’attenzione che mi è stata dedicata. Ricorderò volentieri questa giornata, il paesaggio meraviglioso che avvolge la scuola, il paesino stupendo e ben tenuto. Non ci sono consigli utili per chi vuole scrivere, servono soltanto talento e umiltà. Stevenson da ragazzo copiava i romanzi di Walter Scott per avvicinarsi alla scrittura. Fino all’ultima pagina. Anche se in fondo, già allora, Scott era meno bravo di lui.
Ieri ed oggi sono stato con i ragazzi iscritti alla Scuola Jack London. La scuola ha sede a Torre di Palme, frazione di Fermo. Ho l’onore di essere uno dei “docenti” fissi.
Direi che è una scuola dove l’elemento umano vale più di quello tecnico. Forse ce ne vorrebbero di più di scuole di questo tipo. Stamattina oltre agli allievi c’era anche il poeta Adelelmo Ruggieri, amico mio e di Angelo Ferracuti. Angelo ha fondato questa scuola assieme al fotografo Giovanni Marrozzini, è una bella coppia e presto daranno alle stampe un libro sull’Amazzonia.
Ho salutato i ragazzi della scuola con questa frase : datevi alla gioia!
Non ti affannare a seminare
noie e affanni nelle tue giornate
e in quelle degli altri,
non chiedere altro che una gioia solenne.
Non aspettarti niente da nessuno.
E se vuoi aspettarti qualcosa,
aspettati l’immenso, l’inaudito.
Poesia tratta da Cedi la strada agli alberi
Raramente si trovano degli studenti così motivati e acuti. Volevo aiutarli a trasformare un sogno in un progetto professionale. Alla fine però è stato il loro entusiasmo a ricordarmi che se si vuole qualcosa bisogna buttarsi e perseverare.
I due giorni di seminario alla Jack London sono stati per me un tempo lungo, pieno, bello. Un tempo per fare scuola, ma anche per conoscersi, ascoltarsi, persino festeggiare: accolti da Angelo, Giovanni e Alessandra, nei loro luoghi che si aprono alla scoperta dell’altrove e dell’altro. Un tempo ritrovato che mettendo al centro le relazioni arricchisce anche chi arriva in veste di docente.
Le lezioni che ho tenuto a ottobre 2020 presso la Scuola Jack London sono state un’esperienza estremamente interessante e stimolante: con gli allievi si è instaurato sin da subito un clima cordiale e interattivo, e si è costruita gradualmente una bella discussione, ricca di interventi e di idee. Questa relazione è stata sicuramente favorita anche dal particolare contesto di Torre di Palme, un ambiente perfetto per favorire la concentrazione e la creatività.
Questa scuola mi piace perché mi corrisponde, o meglio corrisponde alla passione intima che sento verso la fotografia e il suo ruolo nel mondo. Avere l’opportunità di condividere la mia esperienza professionale con dei giovani immersi nella realtà utopica della Jack London è stato molto stimolante. E confortante aggiungo. Abbiamo parlato molto di fotografia e sostenibilità, di un’utopia realizzabile solo se siamo disposti a metterci in gioco. E anche la Jack London chiede questo ai suoi studenti, ma anche a noi insegnanti. Può essere faticoso, ma quando scegliamo questo percorso nella vita, utopico sottolineo di nuovo, ci si incontra prima o poi... Il luogo, la dinamica da cenacolo, da bottega rinascimentale, da setta pacifica e un po’ anarchica favorisce un dialogo intenso, che aiuta la ricerca attraverso un’esperienza volutamente immersiva. Qui si pratica "un mondo sostenibile”, attraverso la costruzione di una consapevolezza non convenzionale nel vivere lo scambio intellettuale e artistico guardando un mondo che certo non può essere cambiato con la fotografia, ma che possiamo, attraverso la fotografia, incoraggiare a voler comprendere e affrontare. Auguro ai nostri studenti di uscire da questo corso conoscendosi un po’ di più e pronti a scegliere, a sperimentarsi praticando gli stimoli che da qui hanno incontrato per rivolgersi al mondo e poi offrircelo attraverso il loro sguardo fotografico, quale esso sia.
Del seminario tenuto alla Scuola Jack London serbo un ottimo ricordo. Mediamente buono il livello della loro preparazione, gli studenti hanno manifestato interesse nonché una piena e attiva partecipazione al lavoro in classe proponendo costantemente non solo stimoli e rilievi critici ma anche mature e autonome riflessioni sugli argomenti e i testi proposti.
Due giorni presso la scuola Jack London è stata un'esperienza densa e bellissima. Torre di Palme è un luogo incantevole, i ragazzi motivati e attentissimi, hanno seguito con cura il progetto che ho assegnato. Tutto ha funzionato alla perfezione e sono ripartita con la sensazione di aver appreso qualcosa di nuovo e prezioso.
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