Mai come oggi viviamo un’epoca in cui abbiamo accesso alle informazioni. Ogni giorno, ogni ora, grazie allo sviluppo tecnologico e ai dispositivi digitali, siamo bombardati di immagini e parole: una quantità infinita, senza precedenti. E nel tentativo di raccontare la nostra civiltà – compito che, con maggiore o minore acume, ogni epoca si è proposta di assolvere – spesso ci si perde in questo frastuono quotidiano.
Ecco allora che diventa sempre più arduo rappresentare il nostro tempo. Raccontare la vita – quella vita che già affascinava Jack London – con immagini e parole richiede competenze e saperi che permettono di sviluppare strumenti teorici e pratici capaci di restituire il ritratto di quello che siamo, l’autobiografia del genere umano.
La scuola si pone l’obiettivo di fornire questi strumenti, che sono diventati costitutivi di una pragmatica visuale – una pragmatica che riguarda tutti i campi artistici ed estetici della realtà che viviamo – e un immaginario narrativo per poter raccontare. Pensare la scuola nel territorio del fermano ha un suo naturale genius loci: si riallaccia a maestri indiscussi, che hanno sviluppato una tradizione nel rapporto tra letteratura e fotografia e che proprio in questo territorio hanno operato – Luigi Crocenzi, l’inventore del racconto fotografico neorealista, collaboratore de “Il Politecnico” di Elio Vittorini, e Mario Dondero, indimenticato fotoreporter.
Nella nostra epoca sono mutuati gli immaginari: quel laboratorio della modernità fatto di immagini e rappresentazioni si è disfatto di arnesi, utensili e strumenti per arricchirsi di altri, nuovi. Ecco allora che è necessario entrare in questa officina, cosa che permette di osservare e misurare questo cambiamento. Facendo ricorso a casi concreti quali la scrittura e la fotografia.
Perché immagini e parole generano il catalogo dei segni che il nostro tempo imprime sulla realtà. Segni importanti, fondamentali: sono essi a creare l’identità, costruiscono l’immaginario collettivo – e insieme fabbricano un mondo, inventano sguardi con i quali guardare al proprio tempo. Provare ad analizzare questi segni non è soltanto una singolare maniera di inscrivere lo spazio narrativo ed estetico: significa imparare a conoscere la coscienza che la realtà ha di sé stessa. E imparare a raccontarla.
Mai come oggi viviamo un’epoca in cui abbiamo accesso alle informazioni. Ogni giorno, ogni ora, grazie allo sviluppo tecnologico e ai dispositivi digitali, siamo bombardati di immagini e parole: una quantità infinita, senza precedenti. E nel tentativo di raccontare la nostra civiltà – compito che, con maggiore o minore acume, ogni epoca si è proposta di assolvere – spesso ci si perde in questo frastuono quotidiano.
Ecco allora che diventa sempre più arduo rappresentare il nostro tempo. Raccontare la vita – quella vita che già affascinava Jack London – con immagini e parole richiede competenze e saperi che permettono di sviluppare strumenti teorici e pratici capaci di restituire il ritratto di quello che siamo, l’autobiografia del genere umano.
La scuola si pone l’obiettivo di fornire questi strumenti, che sono diventati costitutivi di una pragmatica visuale – una pragmatica che riguarda tutti i campi artistici ed estetici della realtà che viviamo – e un immaginario narrativo per poter raccontare. Pensare la scuola nel territorio del fermano ha un suo naturale genius loci: si riallaccia a maestri indiscussi, che hanno sviluppato una tradizione nel rapporto tra letteratura e fotografia e che proprio in questo territorio hanno operato – Luigi Crocenzi, l’inventore del racconto fotografico neorealista, collaboratore de “Il Politecnico” di Elio Vittorini, e Mario Dondero, indimenticato fotoreporter.
Nella nostra epoca sono mutuati gli immaginari: quel laboratorio della modernità fatto di immagini e rappresentazioni si è disfatto di arnesi, utensili e strumenti per arricchirsi di altri, nuovi. Ecco allora che è necessario entrare in questa officina, cosa che permette di osservare e misurare questo cambiamento. Facendo ricorso a casi concreti quali la scrittura e la fotografia.
Perché immagini e parole generano il catalogo dei segni che il nostro tempo imprime sulla realtà. Segni importanti, fondamentali: sono essi a creare l’identità, costruiscono l’immaginario collettivo – e insieme fabbricano un mondo, inventano sguardi con i quali guardare al proprio tempo. Provare ad analizzare questi segni non è soltanto una singolare maniera di inscrivere lo spazio narrativo ed estetico: significa imparare a conoscere la coscienza che la realtà ha di sé stessa. E imparare a raccontarla.
Con il contributo di
Partner
Associazione culturale Jack London · Via XXV Aprile 39 · 63900 Fermo · p.iva 02354850444
privacy policy · cookie policy · © 2025
Con il contributo di
Partner
Associazione culturale Jack London
Via XXV Aprile 39 · 63900 Fermo · p.iva 02354850444
privacy policy · cookie policy · © 2025