21 maggio 2025
Il tirocinio che ho svolto per Il Fatto è stato per la sezione del quotidiano cartaceo a Roma. Un’esperienza che ha definito il mio percorso e che mi ha fatto capire cosa significa davvero fare giornalismo.
Ogni mattina, la riunione di redazione era il primo momento di immersione. Questi incontri erano fondamentali: si decideva il piano editoriale, si analizzavano le notizie, si confrontavano opinioni e approcci. Qui ho imparato moltissimo, e ancora oggi quella dimensione di discussione e confronto è ciò che più mi manca.
Poi c’erano le lettere dei lettori dove scrivevano le loro percezioni, domande, opinioni, richieste e denunce. Selezionate dalla segreteria e dal direttore, il mio compito era compiere una selezione giornaliera, revisionarle, titolarle e impaginarle per la sezione Piazza Grande. Un lavoro quotidiano, metodico, ma mai ripetitivo perché mi dava l’opportunità di passare dalle opinioni dei giornalisti a quelle dei lettori, osservando il modo in cui la realtà veniva interpretata e vissuta da più prospettive.
Dopo aver completato il lavoro su Piazza Grande, mi rendevo disponibile per la redazione: svolgevo ricerche, scrivevo schedine, articoli assegnati dai miei colleghi e persino articoli che avevo proposto alla redazione. La loro fiducia mi ha permesso di crescere, e il loro supporto, soprattutto dalla sezione esteri, è stato un dono. Da loro ho imparato che dietro ogni articolo c’è un processo di analisi, di scelte e soprattutto di responsabilità. Insegnamenti che porto con me e coltivo ogni giorno, perché diventino parte solida e costante del mio modo di essere giornalista.
Questa esperienza non è stata solo una formazione professionale, ma anche un percorso di crescita personale. Ogni giorno, ripenso al momento in cui un amico mi parlò della scuola Jack London e io decisi di iscrivermi. Da quella scelta è nato un percorso a trecentosessanta gradi che mi ha portata fino allo stage a Il Fatto Quotidiano, e che spero mi accompagnerà ancora a lungo.
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