25 luglio 2020
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Alessandra Vitali Rosati spiega la scelta di finanziare le opportunità di frequentare la scuola, intitolate alla zia Lucia. Una “filantropia illuminata” ereditata dalla storica famiglia fermana
“Era una donna di grande dolcezza d’animo, attenta alle relazioni umane e a far sì che la cultura non fosse solo una parola: per questo apriva la sua porta e aiutava tutti, rinunciando a qualsiasi forma di potere, compreso quello legato al nome che portava”. Lucia Vitali Rosati se n’è andata a marzo di quest’anno, a 85 anni: insegnante di lingue straniere, era l’ultima dei sei figli di Giovanni Vitali Rosati, nobile di una dinastia secolare, intellettuale, proprietario terriero, già presidente della Cassa di Risparmio di Fermo, esponente della famiglia forse più nota della città.
Il ricordo ancora commosso di “zia Lucilla, o Cilletta”, come la chiamavano in casa, è della nipote Alessandra Vitali Rosati, tornata stabilmente a Fermo negli ultimi anni dopo aver lavorato in banche americane e italiane e aver concluso la carriera con un incarico di tre anni (2016-2019) da amministratrice delegata della stessa Carifermo.
È in memoria di Lucia che Alessandra ha deciso di finanziare personalmente 3 borse di studio per frequentare la Scuola di letteratura e fotografia Jack London, presentata a Fermo il 6 luglio scorso. “Ho saputo del progetto da Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini già nel 2017, quando stavano partendo con il reportage Selva oscura, e ho subito promesso che l’avrei sostenuto direttamente. L’obiettivo ultimo della scuola è quello di diffondere la conoscenza attraverso la narrazione scritta e per immagini, raccontare le persone, l’arte, perfino l’amore, la bellezza della nostra terra come del mondo. Mi è sembrata un’iniziativa pienamente coerente con i valori in cui ho sempre creduto e che in gran parte mi ha trasmesso mia zia”.
Le borse di studio verranno assegnate a giovani sotto i 30 anni “con minori possibilità economiche”, ricordando, come si legge nel bando, la forte convinzione di Lucia Vitali Rosati “che la qualità dello sviluppo di una società dipende dall’attenzione alla crescita culturale delle nuove generazioni”. I beneficiari saranno scelti entro il 30 agosto in base al curriculum e a una lettera di motivazioni. Le borse copriranno l’intero costo dell’iscrizione e parte delle spese di viaggio e soggiorno.
La scelta di Alessandra Vitali Rosati, per l’assenza di qualsiasi legame con obiettivi commerciali o di immagine, è indubbiamente insolita e rientra in un modello di “filantropia illuminata”, come accetta di definirlo, “che credo di avere nel sangue: è uno spirito di sostegno alla città di cui, facendo un’eccezione a una regola non scritta di discrezione della mia famiglia, ho scelto per la prima volta di parlare, perché credo che la collaborazione tra pubblico e privato oggi più che mai sia determinante. Uno spirito, insisto, finalizzato a favorire la circolazione della conoscenza, che è l’unica chiave per crescere: dove manca, sono più probabili le chiusure, le intolleranze, le paure dell’altro, come stiamo vedendo quotidianamente”.
Anche in un ambiente apparentemente “arido” come quello bancario, Vitali Rosati ha del resto cercato di seguire questo principio, realizzando numerosi progetti di “contaminazione” tra il personale, la clientela e il mondo della cultura e dell’arte, scegliendo forme conviviali o formative talvolta fuori dagli schemi. Iniziative, ricorda, che avevano sempre l’obiettivo di valorizzare, attraverso “l’incontro con l’altro”, le risorse e le aspirazioni personali di ognuno, “che non devono mai essere mortificate, nemmeno nel lavoro più ripetitivo”.
Alessandra segue con interesse gli sviluppi che la scuola potrà avere: “A questo progetto non ho dato solo ‘soldi’, sarebbe riduttivo: intendo offrire il mio sostegno, mettendo in gioco le esperienze maturate nel tempo. La scuola deve essere conosciuta: fin dallo svolgimento del primo corso sarà importante che diventi anche un centro di animazione culturale, ad esempio proponendo alla città incontri con alcuni dei suoi prestigiosi docenti. Compatibilmente con i mezzi di Angelo e Giovanni e dei loro collaboratori dovrebbe insomma essere in qualche modo attiva tutto l’anno. Vorrei inoltre che si creasse un’associazione degli ‘Amici della Jack London’, per supportarla innanzitutto moralmente e intellettualmente: in essa potrebbero essere coinvolte altre persone che sentano di dover restituire al loro territorio di origine quello che hanno avuto dalla vita, che condividano il bisogno di aprirsi alla comunità”.
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